mercoledì 15 gennaio 2020

Sulla diversità vista da fuori

E' facile essere anti-razzisti quando si adotta una bimba di colore, è facile essere sensibili verso i problemi causati dalla disabilità quando si ha un figlio disabile. La sfida evolutiva è arrivare a quelle empatie partendo da una famiglia mono-tono e tutti normodotati (grazie a Dio). Se si arriva a questo risultato, intendo una sensibilità profonda verso "il diverso" in genere, il premio è grande, tanto grande quanto profondamente egoistico e quindi l'esatto contrario di tutta l'empatia che ci si è sforzati di costruire in se stessi. Il premio egoistico consiste nell'avere ogni giorno tatuato sul cervello un profondo senso di riconoscenza verso Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "non è capitato a te".

La bimba di colore è abituata a sentirsi gli occhi dei bianchi addosso, sai quella sensazione di avvertire fisicamente il peso degli sguardi degli altri che, in mezzo a tanti, si poggiano solo su di te ? Non credo che sia una sensazione alla quale ci si abitui, credo che dia fastidio perché è una costante e credo che dia fastidio alla bimba di colore quanto alla stra-figa che volontariamente o involontariamente attrae gli sguardi e che ad un certo punto vorrebbe poter spegnere quella provocazione (quando starnutisce, quando sta mangiando....). La bimba di colore non si abituerà mai e purtroppo sarà costretta a sviluppare un modo per sopportare quello sguardo che crescendo diventerà alle volte morboso, odioso o curioso e una volta superata la fase di addebitare tutto ciò ai propri genitori e alla loro scelta di mettere lei, un cioccolatino nero in mezzo a tanti cioccolatini bianchi, quando capirà finalmente che era un bisogno, non farà altro che prendersela solo e soltanto con  Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "è capitato a lei".

Il disabile è come un uccellino in gabbia oggi, più che ieri, però in una gabbia appesa in un magnifico  (almeno per la visuale dell'uccellino in gabbia) bosco popolato da tanti splendidi uccelli di tante specie diverse che si nutrono, si riproducono, crescono e volano liberi e felici. Lui il disabile magari riesce anche a svolazzare ma in quei pochi centimetri di meta-libertà che gli consente la sua gabbietta. Stando nel bosco non ha neanche la possibilità di concentrare le frustrazioni della sua situazione verso il suo carceriere che magari, umano, gli porterebbe da mangiare e da bere ogni giorno. Allora può prendersela solo e soltanto con  Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "è capitato a lui".

Questo per dire che sono profondamente riconoscente verso Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "non è capitato a me".

Nessun commento:

Posta un commento