martedì 9 giugno 2020

Covid19 ed occasioni perse

Si dice che l'uomo è arrivato a primeggiare sulle altre creature perché molto più predisposto al cambiamento, ma credo che consumismo, capitalismo e inquinamento ci abbiamo disabituati al cambiamento e ci abbiano fatto perdere questo primato.
La "pandemia" ha offerto, forzatamente, un laboratorio nel quale sperimentare il cambiamento ma non tutti hanno colto l'occasione per cambiare realmente paradigma, il più delle volte si è adattato alla meno peggio l'ordinario alla situazione straordinaria. A conti fatti fra scuola, imprese, politica, economia, famiglie e individui solo queste due ultime categorie ne sono uscite vincenti anche se i cambiamenti maturati, e i vantaggi portati da questi cambiamenti, potrebbero svanire se non coltivati. Per le altre categorie una occasione persa.

La scuola avrebbe dovuto ripensare e rifondare il concetto di didattica e non demandare l'enorme lavoro svolto da corpo docente in classe a genitori, in parte, e agli stessi studenti trattandoli come universitari autonomi nell'apprendimento. Così facendo si è, quasi, banalizzato il lavoro in classe. La didattica andava evoluta, da rapporto con la conoscenza mediato dal docente, in rapporto esperienziale con la conoscenza: devo imparare i numeri e a contare allora li forgio in pasta di sale questi numeri, li arricchisco di colori e di elementi altrettanto numerosi. Devo imparare il teorema di Pitagora allora costruisco in cartoncino un triangolo e sempre in cartoncino i quadrati sui cateti e sull'ipotenusa, poi tagliuzzo i quadrati sui cateti per farli andare sul quadrato sull'ipotenusa.

Le imprese avrebbero dovuto ripensare il loro modello di business per renderlo adeguato alle nuove condizioni. Avrebbero dovuto investire nei lavoratori messi in tele-lavoro per compiere una migrazione reale verso lo smartworking. Avrebbero dovuto formare i loro collaboratori perché questi arrivassero ad avere percezione dell'obiettivo, dei costi e dei margini garantiti da determinati tempi e livelli qualitativi da rispettare. Le imprese avrebbero dovuto misurare le "performance" del loro business nel nuovo assetto e offrire la possibilità al lavoratore di continuare in smartworking ad andare in ufficio quando e se lui o lei e i suoi obiettivi lavorativi lo avessero reso necessario.

La politica avrebbe dovuto riscoprire la centralità del cittadino piegando, al servizio di questo, burocrazia, leggi e potere. Avrebbe dovuto abbandonare il costante e predominante atteggiamento da campagna elettorale nel quale spreca la quasi totalità delle scarse risorse messe in campo. Avrebbe dovuto imparare a chiedere scusa, scusa dei tagli alla Sanità Pubblica perpetrati per anni, degli investimenti in ambito militare perpetrati per anni, dei tagli ai lavori pubblici. La politica avrebbe dovuto investire nella costruzione di un senso di comunità unita, equa e solidale con atti concreti come versare gli assegni di cassa integrazione il giorno dopo il decreto a tutti gli aventi diritto. Le condizioni c'erano perché il nemico da affrontare era globale e percepito dalla maggioranza della popolazione (come fanno con le guerre).

L'economia avrebbe dovuto reinventarsi e non solo fermarsi. L'economia avrebbe dovuto imparare dai piccoli imprenditori che hanno dovuto dall'oggi al domani prendere gli ordini mediante smartphone, mettersi a fare le consegne a casa, trovare una modalità di pagamento agevole. Sfruttare la riscoperta di un ambiente improvvisamente più salubre, con polveri sottili quasi scomparse e un cielo più pulito per spingere verso tecnologie eco-sostenibili. La ricoperta della sobrietà poteva essere una grande occasione da sfruttare e adottare stabilmente. L'economia ha fatto vincere solo Jeff Bezos (quello di Amazon) quando invece potevano vincere in tanti.

Le famiglie si sono reinventate. Hanno dovuto trovare il modo di usare gli stessi spazi per il lavoro, lo studio, lo svago, il riposo e ci sono riuscite. Hanno dovuto adottare rapporti resilienti e fare fronte comune alle difficoltà economiche. I membri delle famiglie hanno imparato a stare assieme preparando il pane in casa e trovando una serie tv che possa piacere a tutti quanti, ma anche scoprendo, i più piccoli, in cosa consiste la giornata lavorativa degli adulti e gli adulti riscoprendo quanta è complicata la vita scolastica dei più piccoli. Le famiglie hanno costruito rapporti più profondi all'interno delle mura domestiche.

Gli individui hanno, purtroppo alle volte con molta fatica, scoperto cosa gli piace fare. Ci viene in continuazione detto cosa fare e cosa è meglio per noi, come se scoprirlo o imparare a "sentirlo" fosse un peso dal quale qualcuno prova a liberarci, ma ciò avviene solo per convincerci a gli acquisti. I dati dicono che si è letto tanto, si è guardata tanta tv di qualità (si si esiste ancora, costa, non è facile vederla ma esiste), si è impastato tanto e di tutto, si è cucinato tanto, si è parlato tanto, si è riscoperto il senso di comunità: le bandiere esposte e gli appuntamenti sulle terrazze a cantare "bella ciao" erano le esternazioni del senso di comunità. Ci si è riappropriati del tempo una risorsa limitata e preziosa.

mercoledì 15 gennaio 2020

Sulla diversità vista da fuori

E' facile essere anti-razzisti quando si adotta una bimba di colore, è facile essere sensibili verso i problemi causati dalla disabilità quando si ha un figlio disabile. La sfida evolutiva è arrivare a quelle empatie partendo da una famiglia mono-tono e tutti normodotati (grazie a Dio). Se si arriva a questo risultato, intendo una sensibilità profonda verso "il diverso" in genere, il premio è grande, tanto grande quanto profondamente egoistico e quindi l'esatto contrario di tutta l'empatia che ci si è sforzati di costruire in se stessi. Il premio egoistico consiste nell'avere ogni giorno tatuato sul cervello un profondo senso di riconoscenza verso Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "non è capitato a te".

La bimba di colore è abituata a sentirsi gli occhi dei bianchi addosso, sai quella sensazione di avvertire fisicamente il peso degli sguardi degli altri che, in mezzo a tanti, si poggiano solo su di te ? Non credo che sia una sensazione alla quale ci si abitui, credo che dia fastidio perché è una costante e credo che dia fastidio alla bimba di colore quanto alla stra-figa che volontariamente o involontariamente attrae gli sguardi e che ad un certo punto vorrebbe poter spegnere quella provocazione (quando starnutisce, quando sta mangiando....). La bimba di colore non si abituerà mai e purtroppo sarà costretta a sviluppare un modo per sopportare quello sguardo che crescendo diventerà alle volte morboso, odioso o curioso e una volta superata la fase di addebitare tutto ciò ai propri genitori e alla loro scelta di mettere lei, un cioccolatino nero in mezzo a tanti cioccolatini bianchi, quando capirà finalmente che era un bisogno, non farà altro che prendersela solo e soltanto con  Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "è capitato a lei".

Il disabile è come un uccellino in gabbia oggi, più che ieri, però in una gabbia appesa in un magnifico  (almeno per la visuale dell'uccellino in gabbia) bosco popolato da tanti splendidi uccelli di tante specie diverse che si nutrono, si riproducono, crescono e volano liberi e felici. Lui il disabile magari riesce anche a svolazzare ma in quei pochi centimetri di meta-libertà che gli consente la sua gabbietta. Stando nel bosco non ha neanche la possibilità di concentrare le frustrazioni della sua situazione verso il suo carceriere che magari, umano, gli porterebbe da mangiare e da bere ogni giorno. Allora può prendersela solo e soltanto con  Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "è capitato a lui".

Questo per dire che sono profondamente riconoscente verso Dio, il fato, Allah, o chi ti pare, del fatto che "non è capitato a me".